Il “complesso di Edipo” riguarda i maschi, non le femmine. Al complesso di Edipo si volle, ai tempi di Freud, contrapporre il “complesso di Elettra”.
Freud disse che la donna è “a-problematica”. Per la psicoanalisi il problema della donna rimase un problema insoluto ed insolvibile (solo la donna isterica presenta dei problemi). La donna dovrebbe essere invece perfettamente adattata: solo la donna che incomincia a dare segni di soggettività è una donna che non è donna. La donna, per Freud, è solo “oggetto del desiderio”, perciò non può essere “soggetto del desiderio”. Dicendo questo, però, Freud non si rendeva conto che la parola “oggetto” è più pericolosa della parola “soggetto”, perché l’“oggetto” è l’ossessione, è la fissazione del “soggetto”. La parola “soggetto” indica proprio il tentativo di mettere sotto, di soggettivare l’oggetto. La parola “oggetto” (da “ob-iaceo”) significa “ciò che mi sta dinanzi”, ciò che mi ostacola. Quindi la donna è l’oggetto dell’uomo, ma proprio perché “oggetto”, è sempre ambigua e ambivalente, in quanto è sempre ciò che si cerca di soggettivare, ma che non può essere mai soggettivato, poiché rimanda sempre ad una oggettività ulteriore.
Ogni oggetto da una parte attira e dall’altra respinge (quando si sostiene un esame, per esempio: da una parte l’esame attira lo studente, dall’altra lo spaventa).
Quindi Freud non accetta per niente il complesso di Elettra, perché comporta il riconoscere alla donna una soggettività che la donna non ha.
Il concetto di oggetto che si aveva al tempo di Freud era un concetto che derivava dalla filosofia kantiana: l’oggetto non è altro che la proiezione del soggetto, cioè l’oggetto non esiste in sé, ma è il soggetto stesso che, quasi imbrogliando sé stesso e ingannandosi, proietta al di fuori di sé le sue aspettative e le organizza in un oggetto. In realtà, se il soggetto aprisse bene gli occhi si accorgerebbe che quell’oggetto non è altro che sé stesso proiettato fuori (il concetto di oggetto che si aveva allora era di derivazione romantica e idealistica).
Il concetto di “oggetto”, invece, preso nel suo senso forte, significa “ciò che mi ostacola”, che mi sta di traverso, che è di scandalo (lo “skándalon” era la pietra che i banditi mettevano in mezzo alla strada affinché i viandanti si fermassero, per poterli così assalire e derubare). Ecco le parole di Gesù: “…guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!” (Mt 18,7); lo scandalo non consiste nel fare cose cattive, ma nell’impedire a chi ti guarda, a chi ti osserva come modello, di andare oltre. Il maestro è scandalo per il suo alunno quando si propone da una parte come modello e dall’altra parte come non-modello: in questo modo impedisce al suo discepolo di andare oltre, di oltrepassare questo ostacolo.
Per Freud, quindi, il problema del complesso di Elettra non si pone, perché la donna è semplicemente un oggetto nell’accezione idealistico-romantica e non nell’accezione più profonda di oggetto come ostacolo, come impossibilità di andare avanti e di proseguire.
Elettra era la figlia di Agamennone, uno degli eroi della guerra di Troia. Al suo ritorno dalla guerra la moglie lo uccise e la figlia Elettra, col fratello Oreste, uccisero la madre. Questo è quindi il mito dell’uccisione della madre. Il complesso di Edipo, invece, è il mito dell’uccisione del padre. A Freud il complesso di Elettra non interessava assolutamente, perché egli diceva che la donna non ha una storia, non ha sviluppo in quanto fin dalla fase pre-edipica si identifica con la madre (la fase edipica va, secondo Freud, dai 3 ai 5-6 anni; quella pre-edipica va da 0 a 3 anni). Il complesso di Edipo si risolve quando il figlio maschio si identifica col padre. Quando subentra l’identificazione non vi è più rivalità. Il complesso di Elettra dovrebbe risolversi quando la bambina si identifica con la madre. Ma la bambina – secondo Freud – già dalla fase pre-edipica è identificata alla madre, quindi non c’è un problema da risolvere. Infatti, mentre il bambino deve essere staccato dalla madre e avvicinato al padre, affinché trovi l’identificazione col padre, la bambina, già per nascita, è identificata alla madre, per cui la donna non ha storia, è solo natura. Mentre per il maschio c’è da risolvere il complesso di castrazione che fa un tutt’uno con il complesso di Edipo, per la donna questa castrazione è un dato originario, di natura. La castrazione è fisicamente la perdita del membro maschile, simbolicamente – secondo Freud – è l’accettazione della legge, quindi del limite, è la mutilazione, è la costrizione del desiderio di prendere tutto, di onnipotenza.
Il bambino che, a causa della simbiosi con la madre, si sente onnipotente, vuole prendersi tutto e vorrebbe tenersi sempre la madre tramite il complesso di Edipo. Quando affronta il padre (il padre diventa il suo rivale) deve accettare la legge del padre, per cui viene castrato, mutilato del suo desiderio e deve accettare la legge. Impara allora ad essere maschio, nel senso che è capace anche lui di mettere legge. Il padre, il maschio è il simbolo della legge.
Nella donna, invece, tutto questo non avviene. Infatti non è la donna che porta la legge, ma lei stessa dev’essere semplicemente sottoposta alla legge. Perciò la prima cosa che riguarda questa legge è l’uso e lo scambio della donna. È lei la prima merce, nel senso privilegiato, in quanto è proprio da questo oggetto femminile che dipende la riproduzione: la società riproduce sé stessa proprio attraverso la donna. La donna diventa, quindi, l’oggetto primario della legge per quanto riguarda il valore di uso e il valore di scambio. La donna va sotto la legge quando si sposa. Da qui la parola “matrimonio” (“matri”, da “mater”, vuol dire “madre”; “monio”, da “monere”, vuol dire “ammonimento”: “ammonimento della madre”, cioè “legge della maternità”).
La donna che non si sposa ha una configurazione un po’ strana nei confronti della legge: è una donna sempre a rischio, in quanto è capace di rovinare quella istituzione di fondo che è la famiglia, poiché non è stata sottoposta alla legge, cioè al matrimonio. Mentre il patrimonio ha una funzione di ridistribuzione dei beni all’interno della famiglia, il matrimonio è, invece, la prima legge che regola l’accesso alla donna.
Ecco perché la società in cui c’è il divorzio, in cui si vuole la convivenza, è una società che incomincia a confondersi. I primi oggetti della legge sono il matrimonio e il patrimonio. La donna, come primo oggetto, è merce che ha valore d’uso e di scambio; il secondo oggetto sono i beni.
Di questo abbiamo un riflesso chiarissimo nei Dieci Comandamenti, nei quali troviamo tutta la storia umana: non desiderare la roba d’altri, non desiderare la donna d’altri. Questi due primi oggetti devono esseri sottoposti alla legge, al patrimonio e al matrimonio. Hanno ambedue la qualità di oggetto nel doppio aspetto di oggetto che mi sta davanti e che devo possedere e come elemento persecutorio del soggetto.
Quindi la donna non può avere il problema della castrazione, perché lei non può desiderare: non è il suo desiderio che deve essere regolato, ma quello maschile. Secondo Freud la donna, mancando del membro maschile, sembra al bambino piccolo, al maschio, che sia castrata da sempre. Il bambino, che non riesce a cogliere le differenze sessuali, pensa che la donna, per una colpa, sia stata castrata e quindi teme che la stessa sorte possa capitare pure a lui, perciò si assoggetta alla legge del padre e così supera il complesso di castrazione e il complesso di Edipo.
Siamo passati ad un Freud che tratta la sua teoria in termini di riduzione dallo storico al biografico, dal biografico al biologico, dal biologico al fisico, dal fisico al chimico: per lui l’essere umano è chimica e fisica, è un sistema in cui si avvicendano fenomeni di polarizzazione e depolarizzazione (chimica) e fenomeni di conservazione e di dissipazione di energia (fisica). Questa struttura chimico-fisica è per Freud la “psiche”.
Tuttavia, quando va ad affrontare il mondo umano, Freud si rende conto che queste grandi linee non corrispondono esattamente alla realtà. Per cui c’è in Freud una schizofrenia tra quello che è il suo sistema codificato e quello che è invece l’approccio con l’essere umano durante la pratica dell’analisi. Nella pratica della analisi Freud si rivela un uomo di grandi intuizioni. Intuizioni che non possono certamente collimare con la teoria del sistema psichico come un sistema chiuso in sé stesso, di autoregolazione, che lui prima ci ha prospettato.
Nel ‘900 si annunzia la crisi dello Scientismo. Ecco la schizofrenia di Freud: da una parte è figlio del Positivismo (seconda metà del 1800), ma già nel 1900 (prima guerra mondiale) c’è la crisi dello Scientismo, cioè della fiducia infinita nella scienza come capacità di risolvere i problemi dell’uomo. Quindi gli accenti romantici in Freud non sono altro che gli accenti della crisi: si ha una prima impostazione di carattere esistenzialista. Si annunzia ormai l’Esistenzialismo. Così la teoria freudiana è di impianto positivista, la prassi freudiana è di impianto romantico-esistenzialista.
I due capisaldi del Freud non più teorico e riduttore, ma del Freud che entra nel mondo umano, sono il complesso di Edipo e il Narcisismo.
Per “complesso” si intende un insieme ordinato di rappresentazioni e di ricordi parzialmente o totalmente inconsci, formatisi in seguito a inter-relazioni nell’età infantile e che possono poi strutturarsi in ogni aspetto della vita umana (nell’apprendimento, nella emotività, ecc.).
Edipo (dai piedi gonfi, perché fu appeso all’albero a testa in giù) era figlio di Laio, re di Tebe, e di Giocasta. Un oracolo aveva detto a Laio che il figlio, cioè Edipo, l’avrebbe ucciso. Allora Laio disse ad un servo di prendere questo neonato e di portarlo in un bosco, dove fu appeso all’albero con i piedi in su e di testa in giù. Intanto un pastore che si trovava in quel luogo, impietositosi, salvò il bambino e lo portò alla corte di un re greco. Il bambino crebbe e seppe dell’oracolo, seppe che lui avrebbe ucciso il padre. Pensando, però, che il padre fosse Polibo, non volle fargli del male e si allontanò dalla città, recandosi verso Tebe . Sulla strada per Tebe incontrò Laio, re di Tebe (suo padre). Ebbero una lite ed Edipo ammazzò Laio (si compì così l’oracolo). Intanto Giocasta diventa regina, ed avendo bisogno del re, cercò uno sposo. Avrebbe avuto in moglie Giocasta chi avesse risolto l’enigma della Sfinge (un essere mostruoso, dal corpo di leone e la testa e i capelli di donna) che stava sulla rupe di Tebe e che uccideva tutti quelli che passavano di lì. L’enigma era questo: “qual’ è l’animale che al mattino cammina a quattro zampe, al pomeriggio a due zampe e la sera a tre zampe?”. Edipo rispose dicendo che l’animale era l’uomo, in quanto l’uomo quando è piccolo cammina a carponi, quando è adulto cammina su due gambe e quando è vecchio cammina con il bastone. La risposta era giusta! Così Edipo sposò la madre ed ebbe due figli da lei. Intanto su Tebe si abbatté una grande pestilenza di cui non si riusciva a capire il motivo. Finalmente il vate Tiresia disse che il motivo della pestilenza era l’incesto commesso da Edipo e dalla madre (la legge del matrimonio impedisce al figlio di accedere alla madre) e svelò che Edipo era il figlio di Laio e di Giocasta. Quindi Edipo, per disperazione, si accecò e andò via lontano. Solo la figlia Orinice lo assistette durante il suo pellegrinaggio. Conclusione: solo con la condanna e l’espulsione dalla città di Edipo la pestilenza cessò, cioè ritornò la legge.
Quindi un figlio non può mai accedere al corpo della madre, perché se il figlio accedesse al corpo della madre ci sarebbe una involuzione per il figlio, il quale tornerebbe nel grembo materno e non ci sarebbe più né civiltà, né cultura. Freud, infatti, dice che la cultura è fondata sulla repressione, la cultura è un allontanamento dalla natura. Se il bambino stagna ancora nella natura materna e non si stacca, non si potranno avere cultura e civilizzazione.
Perché Freud ricorre al mito di Edipo? Per caso Freud aveva notato qualche volta un figlio che volesse prendere come oggetto la madre, togliendola al padre, e il padre impedire questo al figlio?!? Il bambino di 3-4 anni non ha mai pensato di possedere la madre sessualmente. Il complesso di Edipo perciò non è una cosa evidente. Ha forse Freud notato qualcosa sia nei casi clinici, sia nella storia?!? No! Il complesso di Edipo non è una cosa evidente, ma è una deduzione, come per l’inconscio, cioè se nella vita dell’essere umano ci sono delle interruzioni, in quelle interruzioni cos’è che permette ancora di “essere”? Un qualcosa che non ha coscienza, un substrato psichico che è materiale. L’inconscio è quella base portante che permette alla coscienza di avere degli intervalli. Quindi deduco – diceva Freud – l’esistenza dell’inconscio dal fatto che ci sono degli intervalli nella vita cosciente. Questi intervalli sono un vuoto, un nulla. La scienza cartesiana (in vigore ai tempi di Freud) respingeva assolutamente l’idea del vuoto (tutto era pieno), perché nel vuoto non si potevano avere i rapporti di causa ed effetto. Il vuoto, per la fisica meccanicistica, è assurdo, perché il movimento avviene solo per contiguità, un’azione a distanza era inconcepibile. Questa convinzione della fisica meccanicistica doveva portare necessariamente Freud a sostenere che ci fosse sempre qualcosa al di là della vita cosciente che presentava degli intervalli. I lapsus, i sogni, le dimenticanze erano dei vuoti della vita cosciente e poiché il vuoto non può esistere, altrimenti non si spiega più il rapporto di causa ed effetto, al di sotto di questa vita cosciente deve starci una struttura fissa che è l’inconscio: cioè la struttura chimico-fisica dell’organismo.
L’inconscio non è ciò che è stato dimenticato, non è ciò che non si vuole ricordare (volgarizzazione della psicoanalisi): è semplicemente ciò che non potrà mai appartenere alla vita cosciente, perché è roba fisica e chimica. Il “rimosso” non è la rimozione del fatto, del ricordo: rimuoviamo staccando l’energia chimico-fisica che abbiamo messo in un fatto accaduto e la ricacciamo dentro di noi. Non rimandiamo giù il fatto, ma l’energia chimico-fisica che abbiamo investito in un fatto.
È chiaro che quando Freud farà la pratica della psicoanalisi, per “rimozione” intenderà il rimuovere dal campo della coscienza non solo l’energia, ma tutto il vissuto biografico, storico. Ecco perché c’è una contraddizione tra i due Freud.
L’inconscio, quindi, non si vede, ma si presuppone, perché deve servire a spiegare il rapporto di causa ed effetto. Così il complesso di Edipo non si vede, ma lo si deve presupporre – diceva Freud- per spiegare certe cose. Questa affermazione precisa del complesso di Edipo creò uno scandalo notevolissimo al tempo di Freud e gli attirò non solo tante critiche, ma anche tanti consensi e gloria.
Nei suoi pazienti Freud non ha mai visto il complesso di Edipo all’opera, ha visto una certa fenomenologia che secondo lui si può spiegare solo col complesso di Edipo. Se, invece, spiegassimo una certa fenomenologia non col complesso di Edipo, ma con un altro tipo di dinamica psichica, potremmo fare benissimo a meno del complesso di Edipo. Così come potremmo fare benissimo a meno dell’inconscio se riuscissimo a spiegare questi intervalli della vita cosciente. Quello che si può osservare direttamente – e ne abbiamo spesso notizia sui giornali – è il fatto che i genitori abusano sessualmente del figli (questo, allora, sarebbe il “complesso di Laio”!?!).
Ma da che cosa parte Freud per fare tutta la sua teorizzazione sul complesso di Edipo? Che cosa ha visto?!?